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giovedì 5 maggio 2016

Il narcotraffico e la droga un arma contro i popoli




di: Silvano Lorenzoni

In ambienti dove c’è onestà intellettuale e consapevolezza delle problematiche sociali – ambienti che spesso tendono anche a essere ingenui – quando si mette in discussione la possibile scelta della legalizzazione dell’uso delle droghe allucinogene, l’argomento viene impostato con un pro e un contro secondo quanto segue. 
Il pro sarebbe che rendendo legale l’uso di quelle droghe si taglierebbero le gambe, almeno fino a un certo punto, alle associazioni delinquenziali che adesso lucrano sullo spaccio illegale. Il contro, invece, proviene dalla considerazione che la grande maggioranza dei tossicodipendenti sono elementi psicolabili (01) e quindi facilmente influenzabili dall’ambiente in cui si muovono e dalle compagnie che frequentano; e così, quando in quegli ambienti e in quelle compagnie ci siano consumatori di droga, ci cascano anch’essi per imitazione o perché vengono convinti. 

Essendo però il consumo di droga alcunché di illegale, un determinato quantitativo di costoro riescono a resistere alla ‘tentazione’ per paura delle conseguenze legali ed economiche che ne seguirebbero. Quindi, se le droghe allucinogene fossero legali, c’è da credere che il numero dei tossicodipendenti aumenterebbe – di quanto, difficile dire. Comunque, questi sono gli argomenti di base del discorso.



Ma le cose cambiano, e non poco, quando con animo smaliziato si vada a scavare sotto le semplici apparenze. Risulta che il traffico e il consumo degli allucinogeni è una delle colonne portanti dell’attuale assetto economico e sociopolitico internazionale, in mano a ebrei e ai loro ruffiani ‘anglosassoni’/americhesi – in riguardo di essenziale riferimento è l’opera complessiva di John Kleeves (pseudonimo del riminese Stefano Anelli) (02), non a caso assassinato nel settembre 2010 (03). Un ricercatore molto valido in riguardo fu anche il bretone Yann Moncomble (04), morto nel 1990. Il suo libro è ormai datato ma qualcosa di interessante vi si può comunque apprendere: già alla fine della decade degli Ottanta il 10 – 15% del prodotto interno lordo dell’USrael veniva consumato in droga; mentre il volume monetario del traffico illegale della droga era il doppio del budget della Francia (allora circa 150 miliardi di dollari annui). 

Yann Moncomble ci rende noto come già quasi 40 anni addietro decine di banche importanti erano coinvolte nel ‘riciclaggio’ (si fa per dire – tutto era allora ed è adesso qualcosa di ‘preordinato’) del denaro dei narcotrafficanti e i dirigenti di quelle banche stavano e continuano a stare tra i dirigenti del Council of foreign relations/CFR e della Trilaterale: quindi niente di strano che  CIA e Mossad siano coinvolte nella protezione e nell’amministrazione del narcotraffico (in particolare, l’’apostolo’ della tossicodipendenza, l’americhese professor Timothy Leary, era in stretto contatto con la CIA) (05). Il narcotraffico, assieme al traffico delle armi, delle specie zoologiche protette e degli immigrati illegali viene a essere uno dei principali affari criminosi a livello mondiale.

Questo può essere illustrato da alcune cifre. Il commercio mondiale della droga ha un giro d’affari che ammontava dieci anni fa a circa 500 miliardi di dollari annui (06); adesso potrebbe essere fino al doppio e si articola in due scomparti principali,  l’eroina e la cocaina (07). Il primo (grosso modo l’80% del totale) ha per punto di origine l’Asia meridionale e sud-orientale, il secondo l’Iberoamerica; e ambedue hanno per punti d’arrivo gli Stati Uniti d’America e l’Europa occidentale. –

Il ‘corridoio’ della droga è, per quel che riguarda l’eroina, l’Asia centrale/Turchestan, la Turchia e i Balcani – non a caso l’USrael ha creato nei Balcani lo stato-mafia del Kosovo, del quale il passaggio dell’eroina è la principale fonte di entrate; dominato da una classe di malavitosi musulmani di etnia albanese che ‘governa’ sotto l’ombrellone americhese. Il 75% dell’eroina che arriva nell’Europa occidentale è di provenienza turca e poi kosovara. Nel contempo, l’Afganistan, da quando è sotto occupazione usraeliana, è divenuto il principale produttore di oppio (dunque di eroina, che è un oppiaceo) al mondo, con il 90% (al tempo dei telebani produceva meno di 100 tonnellate annue, adesso ne produce oltre 8000 tonnellate annue [08]).  Sempre con riferimento al traffico dell’eroina verso l’Europa, ci sono due paesi-‘passaggio’ fortemente coinvolti, l’Iran e la Russia (09), dove la lotta contro le mafie corrispondenti è sostenuta con grande sforzo dai rispettivi governi, in quanto il passaggio della droga attraverso i propri territori incoraggia la tossicodipendenza nelle rispettive popolazioni: questo è un problema che in Iran e in Russia preoccupa per davvero i governi, a differenza di quanto succede in America e nel suo satellite ‘Unione Europea’, governato da traditori. Questo è un argomento sul quale si riverrà più avanti.



 militari americani a protezione dei campi di oppio in Afghanistan












Notare nel grafico l'incremento della produzione di oppio dal 2001 da quando gli americani hanno invaso l'Afghanistan.



In riguardo alla cocaina (circa il 20% del totale), il corridoio fondamentale per fare arrivare il prodotto nell’USrael, e da lì nella colonia europea, è la frontiera-(non a caso)colabrodo fra Stati Uniti d’America e Messico. Dall’America del Sud la droga arriva via mare in Messico e da là passa negli Stati Uniti d’America – la Colombia, da forse 20 – 30 anni, non è più il paese paradigmatico dei carteles della cocaina: adesso è il Messico.
 
(S’è visto che, a livello mondiale, il mercato della cocaina è solo circa un quarto o un quinto del totale. – Un’dea del perché di questo andamento a favore dell’eroina, reale ormai da forse una quarantina d’anni, ce la da un libro abbastanza interessante di Roberto Saviano (10): la cocaina è la droga della gente ‘bene’, l’eroina infesta i vicoli e le periferie; l’eroinomane è il ‘maledetto’, il perdente radicale, mentre il cocainomane è molto spesso l’ineccepibile capitano d’azienda, il banchiere, il politico, l’ufficiale della polizia, il vescovo, ecc.)

Abbiamo detto che è nell’interesse del sistema ‘anglo’-ebraico che vi sia, a livello mondiale, un quantitativo il più alto possibile di tossicodipendenti sia a ‘casa propria’ (America) che fuori dall’America – quindi il traffico e il consumo della droga è favorito e incoraggiato (sottobanco, è ovvio) dal governo americano sia sul proprio territorio che su quello altrui. Sapendo come i giudeo-calvinisti sono maestri nel trarre profitto da ogni transazione finanziaria , soprattutto se torbida, la tossicodipendenza è una straordinaria fonte di guadagno in certi ambienti. 


E ci sono altri motivi: per esempio, la possibilità, soprattutto per elementi di colore, di darsi allo spaccio è, negli Stati Uniti d’America ma anche adesso in Europa un ‘calmierante sociale’ che distoglie gli spacciatori dal darsi al crimine violento. Inoltre, la ‘lotta contro la diffusione degli stupefacenti’ (13) è una fonte di lavoro e quindi di clientelismo per poliziotti, militari, guardie carcerarie, agenti segreti, magistrati, cancellieri, medici, assistenti sociali, conferenzieri, giornalisti, insegnanti, preti, ecc. Quindi, il traffico e il consumo della droga allucinogena, oltre a essere ipertrofico, deve essere anche illegale, in modo da pompare alle stelle i guadagni e nel contempo permettere quelle manovre sottobanco che sono seconda natura a ogni sistema corrotto e democratico, in primis quello usraeliano. Si riverrà sull’argomento fra poco, intanto siano fatte delle osservazioni e siano date ancora delle cifre (14).

Non è accidentale che negli Stati Uniti d’America ci siano 60 milioni di tossicodipendenti cronici (quindi circa il 20% della popolazione totale – senza contare quelli che ogni tanto si fanno uno ‘spinello’ di marihuana o una ‘sniffata’ di coca o altro). Il 19% degli abitanti dell’America sono clinicamente psicopati, quindi permanentemente sotto psicofarmaci, il che fa ricordare la correlazione fra psicolabilità e tossicodipendenza. In America c’è un 20 – 25% di poveri; un milione di persone fanno bancarotta ogni anno per spese mediche; ci sono 30 milioni di analfabeti adulti e quasi altrettanti alcolizzati; il13% sono sieropositivi … e si potrebbe continuare . – Questa è l’America, della quale Maurizio Murelli poteva dire che “l’americanismo è il cancro al quale ci si deve comunque opporre, sia quando produce guerre sia quando si limita a produrre modelli sociali, economici e culturali” (15).


E qui può essere inserita una valida osservazione addizionale che è: perché la ‘dirigenza’ americhese non si sente preoccupata per i danni sociali che la tossicodipendenza causa nella ‘propria’ popolazione? (16) Una preoccupazione sarebbe ragionevole se l’America fosse un paese come lo sono tanti altri; ma l’America/USrael non è un paese: è una facciata, con l’aspetto di paese, che fa da copertura e da ruffiano a una congerie di strutture finanziarie private. Un ‘popolo’ americhese non esiste; l’americhese è soltanto uno spaventapasseri dall’aspetto umano dietro al quale sta il vuoto psicologico assoluto. 

Anche l’economia americhese è di tipo tutto specifico: carente ormai di qualsiasi supporto ‘tangibile’, essa poggia sul furto puro. Il dollaro è una moneta falsa che il resto del mondo è obbligato ad accettare come buona (“gli Stati Uniti producono dollari, il resto del mondo produce i beni che si possono comperare con quei dollari” – così disse ai tempi di Saddam Hussein l’allora ministro dell’economia iracheno) – questo in parte dovuto alla ragnatela di legami e interessi bancari internazionali gestiti da ebrei; ma in parte e soprattutto attraverso la minaccia terroristica dell’uso dell’arma nucleare. Da perfetti criminali e vigliacchi gli ‘anglo’-giudei, il cui esercito non vale niente, possono tenere il mondo in ostaggio con la minaccia di usare l’ordigno termonucleare.

Per tornare al nostro assunto, abbiamo reso chiaro come il traffico degli allucinogeni è una componente irrinunciabile del moderno sistema finanziario usurocratico che fa perno sull’USrael – e perché esso deve essere illegale. Quindi il narco, il produttore e trafficante di allucinogeni, anche se è una componente irrinunciabile del sistema (17) è e deve essere un ‘delinquente’, perseguibile a norma di legge quando a certuni faccia comodo. Soprattutto in Iberoamerica, tantissimi personaggi pubblici, tanta gente abbiente, tanti militari, sono coinvolti con il narcotraffico e quindi sono ricattabili. 

Come ci siano o possano essere narcos ‘buoni’ e narcos ‘cattivi’ risulta, per esempio in Colombia e in Messico, a seconda della scelta di certuni (18). Adesso come adesso, in Colombia, il traffico della droga (cocaina, ma anche droghe sintetiche che vengono fabbricate in laboratori clandestini nascosti nelle foreste e poi, via il Messico, spediti in America) è praticamente tutto in mano della partigianeria marxista – le FARC (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia [forze armate rivoluzionarie della Colombia]) di Iván Márquez (19). La partigianeria/guerrilla gode della classifica di ‘combattenti’ (si veda più avanti, qui c’è lo zampino ‘anglo’-giudeo) ed è dunque immune dalla denuncia penale specifica di narcotraffico – anche quando, de facto, lo esercita (20).

Si vuole arrotondare questo breve saggio con la descrizione di due casi individuali specifici che sono del tutto paradigmatici e che illustrano perfettamente la tesi appena proposta. Si tratta di quello del panamese Manuel Antonio Noriega (21) e di quello del colombiano Pablo Emilio Escobar Gaviria: il celeberrimo Pablo Escobar (22).
 


*  *  *

Manuel Noriega nacque a Ciudad de Panamá nel 1934 e finì rinchiuso, nel 1990, in una carcere di alta sicurezza usraeliana  da dove non uscì se non recentemente. Narcotrafficante dal 1972, egli fu capo dei servizi segreti dalla Guardia nacional [guardia nazionale]/Fuerza de defensa [forza di difesa] panamese e  scherano del generale Omar Torrijos e poi, de facto, dopo la morte di Omar Torrijos in un incidente aereo (che, in base a ogni ragionevole evidenza, fu per davvero un incidente e non un assassinio politico come tanti hanno poi asserito), l’’uomo forte’ del Panamá. 

Egli era stato reclutato dalla CIA, che conosceva perfettamente quali fossero le sue attività e quale fosse il suo passato di narco, nel 1983, dopo di che egli fu il nostro uomo in Panamá, per conto degli americhesi, fino al 1987. Durante questo periodo egli ebbe modo di fare ogni tipo di favori agli ‘anglo’-giudei – in particolare, fu lui che nel 1984 fece bombardare le istallazioni per la raffinazione della cocaina che Pablo Escobar, nemico degli americhesi, aveva fatto costruire nella foresta di Darién, al confine colombo-panamese. In compenso gli americhesi lo aiutarono in ogni modo nella sua attività di narcotrafficante. Gli aerei della CIA che, facendo scala in Panamá, portavano armi ai Contras in Nicaragua, tornavano negli Stati Uniti d’America infarciti con la cocaina di Noriega (23).





Le cose si guastarono a seconda che Noriega incominciò a manifestare velleità ‘indipendentiste’. Con l’avvicinarsi dell’anno 2000, quando il Canale avrebbe dovuto essere devoluto al Panamá, e quando, quindi, si sarebbe dovuto negoziare chi sarebbe stato il prossimo amministratore commerciale del medesimo (fino ad allora, il Canale era sempre stato in mano a consorzi americhesi, quindi ebraici), gli ‘anglo’-giudei abbisognavano di un governo panamese che fosse incondizionatamente al loro servizio per potere mantenere la sovranità che de facto avevano sempre avuto sul Canale. E Noriega sembra non desse sufficienti ‘garanzie’ (24) – la psiche umana è strana, ed è possibile che un elemento moralmente tanto ‘putrefatto’ come Noriega abbia avuto in extremis un richiamo della sua coscienza, che gli costò carissimo, per cui si riconobbe nonostante tutto come panamese e non soltanto come strumento della CIA.

Verso la fine del 1987 gli americhesi avevano deciso che Noriega andava ‘scaricato’. E all’uopo misero mano all’accusa di narcotraffico: un giudicastro della Florida, tale Kellner (con tipica strafottenza giudaico-calvinista, visto che Noriega era un cittadino importante in un paese straniero), si mise a imbastire un ‘memorandum di accusa’ contro Noriega, accusandolo di ‘corruzione e di attività criminali’, memorandum che fu pronto nel gennaio 1989  e reso pubblico con grande fanfare nel febbraio dello stesso anno; ma la costituzione panamese non prevedeva l’estradizione di cittadini panamesi all’estero.

Allora, il presidente del tutto nominale del Panamá era un ebreo, tale Delvalle, che era stato un burattino di Noriega quando costui era in buoni rapporti con la Gringolandia. Dopo il febbraio 1989, Delvalle, sotto suggerimento americhese, suggerì a sua volta a  Noriega che rinunciasse al comando delle forze armate (dopo di che sarebbe stato certamente rapito e portato di forza negli Stati Uniti d’America – qualcosa di analogo a quanto successe ad Adolf Eichmann). Noriega, naturalmente, rifiutò e l’ebreo Delvalle lo ‘depose’ – salvo essere deposto lui subito dopo dal’Assemblea Nazionale che obbediva a Noriega. L’ebreo si diede alla fuga e andò, ovvio, in America dove venne proclamato ‘governatore legittimo del Panamá in esilio’ – dopo di che gli americhesi incominciarono a fare i pagamenti dovuti alla nazione panamense, non escluso l’affitto del Canale, nel conto personale privato di Delvalle in America. – Nel marzo 1989 ci fu un debolissimo e fallimentare tentativo di colpo di stato contro Noriega. Poi, egli prese in mano non solo de facto ma anche de jure il governo del Panamá, per mezzo di elezioni generali convocate ad hoc.

Seguì l’invasione americhese del 20 dicembre 1989. Noriega fu preso prigioniero, portato in America e lì ‘giudicato’ secondo il memorandum di Kellner; e condannato a 40 anni di galera. Il Canale fu recuperato per le transazionali ebraiche per mezzo dell’intervento militare. Determinate cerchie panamesi affermano che esso possa essere venduto alle medesime, per una pipa di tabacco, dal governo-fantoccio panamese post-1989, in modo che il paese possa pagare il suo esorbitante debito pubblico.

Vale la pena di dire due parole sull’andamento degli eventi bellici del dicembre 1989, che ebbero una durata di qualche giorno. – L’attacco americhese si sviluppò contemporaneamente contro 27 obiettivi, sia militari, come caserme e aeroporti, che civili (in modo tipicamente ‘anglo’-giudeo). Furono impiegati 26.000 uomini (leggi: gringos) più 12.000 che erano già presenti in suolo panamese, nella zona del Canale e in altre basi che, dovuto ad altri accordi storici, gli americhesi si erano già assicurate. Furono usate armi di ultimissimo modello: aerei da bombardamento con bombe da una tonnellata, elicotteri, missili, cannoni da fuoco rapido. I bombardamenti furono concentrati soprattutto su obiettivi civili e in particolare su quei quartieri di Ciudad de Panamá dove si sapeva che abitavano amici e sostenitori di Noriega. – Il tutto contro una Fuerza de defensa panamese di 12.000 uomini armati di armi leggere: tutto in perfetta osservanza al modo vigliacco di ‘combattere’ degli anglo-calvinisti , mai da pari ma che si muovono solo se hanno la supremazia assoluta del materiale. 

Ci furono, secondo le cifre ufficiali, dai 3000 ai 6000 morti  civili panamesi sotto i bombardamenti (ma si parla di fino a 20.000, il che di strano non avrebbe niente quando si consideri quale possa essere stato l’effetto di bombe da una tonnellata su quartieri fatti di catapecchie e casupole fatiscenti, come erano e sono i quartieri poveri delle città iberoamericane). Rimasero inoltre più di 20.000 senzatetto ai quali non fu mai dato alcun compenso, né da parte americhese né da parte del governo fantoccio post-1989. Le perdite per azione bellica da parte americhese, cifre ufficiali, furono 23 morti in combattimento più 20 per ‘fuoco amico’ (sic!: quasi la stessa cifra) e 350 feriti più 19 per ‘fuoco amico’. Da parte panamese, 304 morti militari e 202 civili armati, una parte passati per le armi dagli ‘anglo’-giudei perché trovati armati senza avere un uniforme – quindi ‘partigiani’ (25).





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Pablo Escobar, nato nella frazione di El Tablazo del comune di Guarne, vicino a Medellín  (Colombia) il 1º dicembre 1949, morì suicida a Medellín il 2 dicembre 1993, in ottemperanza a qualcosa che aveva detto in più di una occasione: “Preferimos una tumba en Colombia que una cárcel en los Estados Unidos [preferiamo una tomba in Colombia che una carcere negli Stati Uniti]”.

Incominciò una variopinta carriera delinquenziale fin da molto giovane (per un certo tempo si dedicò, per esempio, a rubare pietre tombali nei cimiteri, le quali venivano poi esportate via mare in Panamá e lì ‘riciclate). Approdò al narcotraffico verso la metà degli anni Settanta, dove fece una brillante carriera date le sue straordinarie capacità organizzative (si afferma che godesse addirittura di ‘poteri psichici’). – Fu arrestato solo una volta, nel 1976, occasione nella quale un fascicolo (‘expediente’) sul suo conto finì nel Palazzo di Giustizia di Bogotá. Fino al 1982 fu probabilmente il narco più importante del mondo e uomo ricchissimo, su scala mondiale. Eseguiva il suo commercio senza mettersi in collisione con gli altri narcos colombiani; e aveva una rete propria di distributori in America, fra i quali il cantante Frank Sinatra.

Nel 1982 commise quello che, secondo suo figlio e biografo Juan Pablo Escobar, fu il ‘suo grande errore’: quello di mettersi in politica – allora egli fu eletto deputato a Medellín e cominciò per lui una carriera parallela di narco e di deputato. Ma è difficile potere parlare di ‘errore’: certo, fu una svolta fondamentale nella sua carriera, che gli sarebbe costata la vita dieci anni dopo. In Colombia esisteva ed esiste ancora un trattato di estradizione, non reciproco, con gli Stati Uniti d’America, per cui, chi non fa comodo agli americhesi (tanto per parlare chiaro) può venire estradato negli Stati Uniti d’America  per svariati motivi (ed è successo a tanti che, narcos oppure anche no, invisi agli ‘anglo’-giudei sono finiti nelle galere americhesi). Nel 1982, Pablo Escobar non era nell’elenco degli ‘estradabili’ e quindi dall’abrogazione di questo umiliante (per la Colombia) trattato egli personalmente non aveva niente da guadagnarci. Ma appunto perché considerava questo trattato umiliante per il suo paese, fece dell’abolizione del medesimo il suo cavallo di battaglia politico, fondando anche un Foro nacional de extraditables [foro nazionale di estraditabili]. 


Questo, è ovvio, gli attrasse l’odio gringo (prima, non solo aveva fatto il narcotrafficante praticamente indisturbato, ma era stato qualche volta in America in qualità di turista). – L’allora ministro colombiano di ‘giustizia’, Rodrigo Lara Bonilla, a istigazione americhese (egli era un grande amico/pupazzo degli amreichesi) e appoggiandosi all’importante quotidiano nazionale El Espectador di Bogotá, pure uno strumento degli americhesi, diede il via a una violenta campagna contro Pablo Escobar. Il risultato fu che sia Rodrigo Lara Bonilla che il direttore di El Espectador risultarono uccisi nel 1984 e chi fosse dietro alle uccisioni era del tutto chiaro. Ma a carico di Pablo Escobar niente poteva essere dimostrato – a suo carico c’era soltanto quell’expediente del 1976 di cui si è già parlato e che andò distrutto nell’incendio del 1985 (26).

In ogni caso, i nemici di Pablo Escobar riuscirono a fargli togliere l’immunità parlamentare e lo sottomisero a uno stillicidio di persecuzioni – le quali, per dare fumo negli occhi, erano ufficialmente contro tutti i ‘baroni’ della droga, ma in realtà contro di lui soltanto. – Nel giugno 1991 il governo colombiano offerse ai principali narcos che si ‘consegnassero’ per essere alloggiati in certi centri di detenzione dove potessero essere più facilmente localizzabili, ma dove erano quasi liberi e da dove potevano continuare le loro attività di narcotrafficanti con tutta tranquillità. A Pablo Escobar toccò una ‘prigione’ – in realtà un appartamento di lusso – nel centro di detenzione di La Catedral di Envigado, una città satellite di Medellín. Prevedendo che si trattasse di una mossa preliminare per metterlo in trappola e magari spedirlo in America, egli provvide subito a prepararsi un passaggio segreto attraverso il quale fuggire, se fosse risultato necessario. – Tutto andò comunque liscio fino a luglio 1992, quando lui, unico fra tutti i narcos che a tempo loro si erano ‘consegnati’, dovette essere trasferito in un retén militar [luogo di sicurezza militare] di altissima sicurezza. All’uopo fu montata un’operazione in grande scala dall’esercito: La Catedral fu circondata con intervento anche di elicotteri. Egli fuggì attraverso la via di fuga che si era preventivamente preparata.

Da allora, e per quasi un anno e mezzo, Pablo Escobar divenne un uomo braccato in piena regola. (In quell’allora considerò addirittura la possibilità di fondare un movimento terrorista partigiano, a sfondo marxista, per potere godere anche lui dello status di combattente e così sottrarsi all’eventuale estradizione. Non lo fece, forse per ragioni ‘tecniche’, o forse per semplice decenza.) Circondato dalla polizia in una casa di Medellín il 2 dicembre 1993 e gravemente ferito, si fece saltare le cervella – per non fare la fine di Manuel Noriega.

Gli americhesi si accanirono dopo contro la sua famiglia – alla quale proposero, perché fossero lasciati in pace, che facessero una dichiarazione secondo la quale Pablo Escobar avrebbe finanziato le elezioni presidenziali di Alberto Fujimori in Perù – un falso che loro si negarono a sottoscrivere. Dopo lunghe peripezie e rocambolesche avventure, superate perché sia il figlio che la vedova di Pablo Escobar dimostrarono polso, abilità e coraggio, la famiglia finì nel 1994 in Argentina, dove abita ancora e dove Juan Pablo Escobar è divenuto un rispettato professore universitario  di architettura e dirigente di un’impresa edile.









NOTE

(01) In riguardo, un’interessante e profonda analisi della psicolabilità dei tossicodipendenti è data da Theo Löbsack, Die manipulierte Seele, Econ, Düsseldorf. 1979.

(02) Opere di John Kleeves perinenti a questo argomento: Vecchi trucchi, Il Cerchio, Rimini, 1991; Un paese pericoloso, Barbarossa, Milano, 1999; Sacrifici umani, Il Cerchio, Rimini, 1993; Americani, capitalisti con la pistola, su Internet, marzo 2005.

(03) Vedasi il quotidiano Rinascita (Roma) del 23 settembre 2010.

(04) Yann Moncomble, Le Pouvoir de la drogue dans la politique mondiale, Faits et documents, Paris, 1990. Non sorprende che Yann Moncomble sia morto ‘di infarto’ poco dopo la pubblicazione di questo suo (ultimo) libro.

(05) Un dettaglio ‘sfizioso’ è che le stesse cosche criminali che nei Balcani – nello stato-mafia kosovaro, fabbricato dall’USrael – adesso gestiscono il traffico degli immigrati/’rifugiati’ clandestini, sono le stesse che, sotto l’ombrellone della CIA, da decenni gestiscono il flusso dell’eroina proveniente dal ‘Triangolo d’Oro’ e dall’Afganistan verso l’Europa. Vedi Ulf Bergmann, Die Invasion, nel bimensile Volk in Bewegung (Fretterode), ottobre 2015.

(06) Vedasi AA.VV. La geopolitica della droga e del petrolio, Barbarossa, Milano, 2006.

(07) Un illustrativo articolo di Alessandro Jacobellis fu pubblicato sul quotidiano Rinascita 

(Roma) del 23 aprile 2011.

(08) Ibid.

(09) Vedasi AA.VV. Geopolitica, cit.

(10) Roberto Saviano, Zero, zero, zero, Feltrinelli, Milano 2013. Recensito da Graziano Della Torre sul mensile Avanguardia (Trapani), ottobre 2013.

(11) Di ottimo riferimento John Kleeves, Vecchi trucchi, cit.

(12) Qui c’è un parallelo perfetto con l’impero coloniale inglese, che fu di tipo esclusivamente commerciale e con lo scopo di arricchire a dismisura la borghesia dello stato inglese, composta quasi esclusivamente da ebrei, ai danni sia delle popolazioni estere che della ‘propria’ popolazione.

(13) Vedasi Roberto Saviano, cit.

(14) Ci si riferisca a John Kleeves, nota (02), ma anche a Silvio Waldner, Stati Uniti, Iberoamerica, Sudafrica, tre messe a punto, Agorà, Dueville (Vicenza), 2001.

(15) Mensile Orion (Milano), settembre 2002.

(16) Un dato addizionale: il 70% delle banconote che circolano a Nuova York portano tracce di cocaina; nonché il 50% di quelle che circolano a Londra (propaggine americhese di Nuova York davanti alle coste dell’Europa) (vedasi Internet www.effedieffe.com, ottobre 2015). Anche a Milano circa il 20% delle banconote portano tracce di cocaina e ne è stata trovata nell’acqua del Po.

(17) Egli cesserebbe di esserlo il momento che la droga dovesse essere legalizzata – e i suoi guadagni subirebbero un collasso. Un trafiletto apparso sul quotidiano El País (Madrid) del 15 dicembre 2011, ci rende edotti che “cuando se empezó a hablar de legalizar las drogas, los narcotraficantes mostraron una feroz resistencia [quando si incominciò a parlare di legalizzare le droghe, i narcotrafficanti mostrarono una feroce resistenza]”.

(18) Un libro di utile lettura a proposito della ragnatela delinquenziale in Messico, Colombia e Brasile è Juan Carlos Garzón Vergara, Mafia & Co., Planeta, Bogotá (Colombia), 2008.

(19) Sul conto della quale abbastanza informativo è Daniel Pécaut, ed. sp. Las FARC, Norma, Bogotá (Colombia), 2008.

(20) Questo status privilegiato deriva dal fatto che essa, ammantandosi di motivazioni di ‘giustizia sociale’, è stata, sia in Colombia che in altri paesi iberoamericani lo strumento degli americhesi per scardinare le dittature militari nazionaliste che si opponevano alla supponenza ‘anglo’-ebraica nelle terre ispanofone. L’America non si è mai peritata dall’utilizzare lo sciacallo marxista per i suoi luridi fini; e burattinaio-principe, per conto dell’America, della sovversione in Iberoamerica fu Fidel Castro (vedasi Silvio Waldner, cit.). Non a caso, recentissimamente (luglio 2015), ebbero luogo a La Habana i più recenti (pagliacceschi) incontri fra governo colombiano e FARC, proprio in concomitanza con il ‘disgelo’ fra Cuba e Stati Uniti d’America (20 luglio 2015).

(21) Su Manuel Noriega lo scrivente ha potuto consultare due libri di autori americhesi , John Dinges, ed. sp. Nuestro hombre en Panamá, Intermedio, Bogotá (Colombia), 1990 e Frederick Kempe, ed. sp. Noriega, toda la verdad, Grijalbo, Bogotá (Colombia), 1990, ambedue esplicitamente e sfacciatamente a lui ostili, ma che qualche informazione fattuale la contengono. (Un libro che sembra promettente ma difficilmente localizzabile è quello del panamese Roberto Méndez, Panamá 20 de diciembre de 1989, ¿liberación o crimen de guerra?, CELA, Ciudad de Panamá, 1994.) Dell’informazione è stata rivenuta via Internet, soprattutto nei siti di Noam Chomsky e di Daniel Estulín; nonché ‘ecu-red’.

(22) Opere utilizzabili su Pablo Escobar sono: Luis Cañón, El Patrón, Planeta, Bogotá (Colombia), 1994, scritto poco dopo la morte di Pablo Escobar ma comunque ben fatto. Juan Pablo Escobar, Pablo Escobar, mi padre, Planeta, Bogotá (Colombia), 2014; Fabio Rincón, He aquí a Pablo Escobar, Editorial Colombia, Bogotá (Colombia) 1991, scritto quando Pablo Escobar era ancora in vita. Molto validi i testi Jhon Jairo Velásquez Vásquez (detto ‘Popeye’, che fu luogotenente di Pablo Escobar), El verdadero Pablo Escobar, sangre, traición y muerte, DIPON, Bogotá, (Colombia)/Gato Azul, Buenos Aires (Argentina), 2005 e Sobreviviendo a Pablo Escobar, idem., 2015.

(23) Ai tempi della guerra del Vietnam gli americhesi ricompensavano i produttori di eroina del Triangolo d’Oro, che passavano loro informazioni sul Viet Cong, trasportando i loro stupefacenti in America con aerei della CIA e dell’esercito – vedasi Jean François Fogel, Le Testament de Pablo Escobar, Grasset & Fasquelle, Paris, 1994; è un libro di tipo generale e di valore moderato sul narcotraffico che non si riferisce, nonostante il suo titolo, specificamente a Pablo Escobar. – Sacchetti sigillati di eroina venivano cuciti anche all’interno di cadaveri di militari americhesi che tornavano in America per la sepoltura – vedasi AA.VV. Geopolitica, cit.

(24) Vedasi John Kleeves, Vecchi trucchi, cit. – Un non meglio definito consorzio giapponese avrebbe offerto al Panamá un pagamento per l’uso del Canale molto superiore a quanto pagavano gli americhesi.

(25) Fa soltanto ribrezzo che dei vigliacchi, quali sono gli americhesi, fucilino i partigiani loro nemici dopo che, durante la II guerra mondiale, avevano fatto largo uso di criminali armati per sparare alla schiena di chi a loro si opponeva a viso aperto.

(26) Pablo Escobar non ebbe mai, salvo in una specifica occasione, alcun contatto con la partigianeria marxista – in ogni caso quell’iniquo trattato di estradizione non valeva per i terroristi marxisti i quali, fiori all’occhiello dell’USrael, attraverso la mediazione di Fidel Castro loro agente, erano e sono trattati non da criminali ma da ‘combattenti’.  

L’occasione in questione avvenne a fine 1985, quando Pablo Escobar venne a sapere che il gruppo terrorista M19 stava progettando l’occupazione del Palazzo di Giustizia di Bogotá per prendere come ostaggi i giudici, gli impiegati e il pubblico, con lo scopo di obbligare al ‘dialogo’ la presidenza della repubblica (allora era presidente Belisario Betancur). Pablo Escobar si mise in contatto con l’M19 e, avendo pagato loro un abbastanza moderato contributo in denaro, domandò loro di distruggere l’expediente a suo carico: pagò, quindi, esclusivamente per un ‘servizio’. – L’occupazione ebbe effettivamente luogo il 6 novembre 1985, ma il presidente, invece di ‘dialogare’, fece intervenire l’esercito con carri armati ed elicotteri da combattimento. Il Palazzo di Giustizia andò in fiamme e tutti i suoi occupanti: terroristi, giudici, impiegati, pubblico risultarono massacrati dall’esercito. Quel fatto è rimasto nella memoria storica colombiana come el día del Holocausto [il giorno dell’Olocausto].

Una conseguenza ne fu che il gruppo terroristico M19 perse in quella data tanti dei suoi gregari e , soprattutto, dirigenti, che poco dopo si arrese alle autorità e scomparve dalla scena; la maggior parte dei suoi sopravvissuti fanno adesso vita privata senza dare nell’occhio. Non tutti però: alcuni furono rintracciati da coloro o dai parenti di coloro a cui avevano fatto del male, i quali seppero vendicarsi. Un caso particolarmente sfizioso di cui lo scrivente ebbe notizia ebbe luogo nella zona di Urabá, nella Colombia Nord-occidentale. Un ex-partigiano che abitava in una casa di campagna di cui a suo tempo aveva assassinato il proprietario, fu localizzato dai parenti della vittima i quali, una notte, lo sorpresero, gli apersero il cranio con una motosega e poi gli svuotarono le cervella con un mestolo.











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