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venerdì 16 ottobre 2015

Contro l'ipocrisia del buonismo




di: Enrico Marino

Secondo il presidente della Repubblica e il ministro degli Esteri, anche i migranti economici interpellano la politica e la nostra coscienza, in quanto esseri umani in cerca di un futuro migliore.

Dal canto suo, la presidente della Camera, Laura Boldrini, parlando di immigrazione al Prix Italia di Torino ha affermato che le resistenze ai migranti sono normali, ma vanno superate con obbligatorietà e sanzioni.

Le istituzioni italiane, in sostanza, per un verso, spostano lentamente ma progressivamente in avanti i limiti dell’accoglienza e, per un altro verso, tendono a imporre tali limiti anche con la forza.


Le ragioni sono sempre le stesse: la denatalità italiana e perciò l’utilità dell’immigrazione a fini economici, produttivi e previdenziali; e poi il dovere dell’accoglienza, non solo come dovere giuridico, ma sempre più come un richiamo a ragioni di coscienza e a sentimenti di carità, in linea col martellante messaggio “cristiano” divulgato dalla Chiesa di Bergoglio. Anzi, quanto più si insiste sulle motivazioni umanitarie, tanto più si tende a renderle obbligatorie e coercitive per tutti. Del resto, la stessa religione dell’amore verso il prossimo e del perdono universale s’è imposta distruggendo tutti i culti rivali, vietando la venerazione delle divinità olimpiche, massacrando pagani ed eretici, abbattendo le fondamenta di una civiltà centenaria, scontrandosi fieramente con oppositori interni e scismatici e con altri monoteismi altrettanto integralisti.

Insomma, se si prendono certi esempi, si vede come seguendo una logica apparentemente umanitaria, quanto più si vuole diffondere il bene tanto più si è pronti a ricorrere a ogni mezzo per attuarlo.

In questo, la storia e la cronaca ci ricordano come, sul piano politico, anche l’affermarsi delle “magnifiche sorti e progressive” sia costato fiumi di sangue e indimenticabili orrori e quante sofferenze abbia comportato il tentativo di creare in terra un Paradiso per i lavoratori e quanto, a tutt’oggi, i popoli più diversi abbiano subito e subiscano in termini di brutale violenza, da parte di coloro che hanno la missione universale di portare loro la luce della libertà e della democrazia.



 Aprite sta arrivando la democrazia




E’ l’arbitrio dei più buoni, di coloro che per affermare i diritti degli esclusi sono pronti a calpestare i diritti dei garantiti, secondo un’inversione folle e maligna di tutto ciò che è normale e ragionevole in funzione dell’affermazione di tutto quanto è utopico, innaturale e faustiano.

Sotto l’apparenza della “carità” si giustificheranno le peggiori ingiustizie, come avviene per l’accoglienza senza limiti dei profughi, che ingenera fenomeni naturali di rigetto specialmente in presenza di evidenti disparità di trattamento degli italiani, ma che proprio per questo si traduce immediatamente nella demonizzazione degli oppositori, nell’accusa di razzismo e nell’emanazione di leggi contro la “xenofobia”. Già ne sono vigenti contro la omofobia, sul modello di quelle leggi che incriminano il “negazionismo” della così detta Shoah.

Il divieto di dissentire e addirittura quello di esprimersi con termini considerati proibiti, non ammessi, vietati per un principio di ipocrisia, manifestano perciò l’intolleranza di fondo e il substrato totalitario nascosti ma insiti in questa dottrina dell’amore, del pluralismo e della libertà.

Anzi, in questo specchio deformante, il pluralismo sconfina immediatamente nell’intolleranza. Siccome deve esserci il pluralismo, nessuno può pretendere che esista una verità né fissarsi  in alcuna persuasione definitiva, perché il relativismo trionfante impone l’accettazione di opzioni individuali differenti, ma al tempo stesso rigidamente riferibili a un unico assunto, questo sì indiscutibile e assoluto. Se solo l’accoglienza è bene, ma dici che l’accoglienza senza limiti è un male sei disumano e contro la libertà, se l’amore è l’unica legge, ma sei contrario alle adozioni gay allora sei omofobo e contro i diritti delle minoranze; allo stesso modo certe idee sono punite per legge (negazionismo, xenofobia) mentre certi comportamenti aberranti sono non solo legalizzati (aborto, droga), ma prescritti, resi obbligatori perché l’accettazione dell’inversione dev’essere considerata normale, altrimenti si opererebbe una ingiusta discriminazione.

Chi poteva sposare una simile logica invertita, se non coloro che predicano da sempre la liberazione delle masse, il riscatto degli umili e la giustizia per i diseredati in chiave universale? Accantonate perciò le rivendicazioni sindacali e operaiste, rese sempre più critiche dalla globalizzazione, dall’evoluzione tecnologica, dall’emergere di nuove figure lavorative e dall’imporsi di ritmi di produzione legati all’efficienza globale dell’azienda, la sinistra ha abbracciato di slancio tutti quei temi residuali, individualisti e anarcoidi che caratterizzano una formazione radicale di massa. Degli usurati richiami del comunismo storico, è sopravvissuto solo un rancido e strumentale antifascismo con annesso un partigianesimo sempre più livoroso e grottesco.

Questa mucillagine politico culturale costituiva lo strumento perfetto per aggredire e sovvertire ogni principio tradizionale e gettare le basi di quel nuovo ordine mondiale strategicamente perseguito dai potentati finanziari mondialisti, che infatti l’hanno subito arruolato e utilizzato per i loro fini.




Oggi l’Europa sta vivendo il momento più tragico della sua storia millenaria. Siamo dinanzi a eventi di portata epocale che, secondo tutte le previsioni, condurranno nel giro di pochi decenni alla pura e semplice estinzione fisica dei nostri popoli. Questa drammatica situazione sta precipitando lungo un piano inclinato, privo di ostacoli e a velocità crescente.
L’Europa, quale è esistita, quella della nostra nascita, della nostra cultura, delle nostre città, di tutti i nostri valori sta rapidamente scomparendo sotto i nostri occhi e nel breve volgere di una generazione sarà un ricordo del passato. 

Eppure un settimanale come l’Espresso dei primi di ottobre esalta sulle proprie pagine l’immigrazione come un elemento non solo necessario bensì indispensabile e preannuncia tranquillamente il nostro futuro come “quello di (una) nazione multietnica all’interno di un continente multietnico” con la prospera Europa che tra quarant’anni “sarà culturalmente, religiosamente e linguisticamente più variegata degli Stati Uniti” e con “i dati Eurostat (che) indicano che l’Italia “importerà” tra le 300 e le 400 mila persone l’anno almeno fino al 2040” e sarà un’immigrazione di bassissimo livello professionale. 

“Fino ad oggi i nostri immigrati provenivano soprattutto dai paesi dell’Est Europa (rumeni in testa) e dal Nord Africa (soprattutto marocchini). Le ondate immigratorie dei prossimi decenni – al netto degli imprevisti della Storia come la guerra siriana – saranno soprattutto di matrice subsahariana e numericamente più rilevanti che in passato. Per rendersene conto basta guardare all’enorme delta demografico che separa l’Europa e dall’Africa. Il Continente Nero avrà entro il 2050 circa un miliardo di persone in più a fronte di un’Europa che rischia di perdere il 16 per cento della sua popolazione. Oggi i giovani tra i 25 e i 29 anni – la classe di emigranti per definizione – sono 51 milioni in Europa e 95 in Africa. Tra solo vent’anni saranno 41,12 milioni in Europa e ben 151 milioni in Africa; fra trent’anni 40,9 milioni in Europa e 186 in Africa. Il loro sbocco naturale, soprattutto se l’Africa non avrà compiuto il tanto atteso balzo in avanti in termini economici, saranno le sponde del Mediterraneo.”

In sostanza, i bianchi italiani ed europei, come già accade negli Stati Uniti – che nel 2050 vedranno il gruppo ispanico prevalere su quello anglosassone, e quello nero avvicinarglisi sensibilmente –, vittime della loro denatalità conculcata dalla società del benessere (fasullo e di propaganda NDR) e dall’ideologia radical, stanno andando incontro a un rapido inabissamento, che presto ne farà una minoranza minacciata di estinzione sul suolo europeo.



Ad accogliere quella marea di africani ci sarà una società debole, confusa, capace solo di seguire i fantasmi della sua mente non più calibrata sulla concretezza della realtà e avulsa delle proprie radici. Popoli affamati di vita contro popoli che della vita non sanno più che cosa farsene. Popoli che conoscono la ferocia della sopravvivenza, la durezza di condizioni comunque sempre estreme, contro popoli per lo più assopiti in una dimensione larvale, capaci di risollevarsi dal sonno soltanto per esaltare l’alimentazione vegana o compiere battaglie epocali come quella per l’abolizione del maschile e femminile. Abolire ogni differenza, ecco il ruggito terminale del nichilismo: né maschio né femmina, né giorno né notte, né bene né male, né vita né morte. La polarità che da sempre regge il mondo viene annullata, le sue catene che per troppo tempo ci hanno tenuti schiavi, alla fine vengono divelte. Nessun condizionamento deve tarpare le ali della nostra libertà assoluta. 

In tal modo, però, la miserabile idiozia culturale che infesta la nostra società, la mitologia dei diritti, la supponenza dell’individualismo e l’indulgenza del relativismo saranno travolti dalle certezze senza scrupoli di una realtà che solo lo spauracchio del razzismo ci impedisce di vedere, i gruppi etnici tendono a proteggersi con una struttura chiusa e difficilmente si aprono verso ciò che viene percepito come estraneo.

Un mondo instabile e incerto come il nostro, che ha rinunciato alle sue radici più profonde, timoroso e pavido nell’affermare i propri valori, dovrà a quel punto rapportarsi con persone dall’identità forte e non sarà sufficiente un girotondo inneggiando alla fraternità, convinti che l’importante sia volersi bene e che il bene che noi vogliamo sia anche il bene che desiderano gli altri per noi. Evaporata l’ebbrezza fatua dei buoni sentimenti, le cose si riveleranno essere più complicate e il rischio di un gigantesco pogrom sociale, con lo spettro delle banlieue francesi moltiplicate e sparse in tutta l’Europa non rappresenterà solo un’ipotesi da fanta-horror xenofobo.

Per coloro che non vogliono arrendersi, è perciò ora di reagire, è l’ultima chiamata all’appello per schierarsi, pensare a che tipo di società si vuole e prendere provvedimenti per tempo, senza il timore delle accuse e senza il pudore delle proprie convinzioni, opponendo un’irriducibile muro alla logica del buonismo, dell’accoglienza e del politicamente corretto, per riaffermare il diritto di tutti i popoli a vivere e a svilupparsi nelle loro terre di origine e per contrastare il progetto livellatore di un’umanità omologata, intercambiabile e sottoposta alle logiche di mercato e al ricatto dei parametri economici e finanziari.




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